Testimonianza di Mario Tronti

Palma Plini, un esempio di cristianesimo attivo e ribelle


Ho vissuto con Palma Plini i primi anni della mia infanzia, ma di quel tempo ho pochi ricordi. Palmira, come la chiamavamo noi affettuosamente, è stata parte della nostra famiglia per sette anni e quando è andata via è stato un grosso strappo. Credo avesse un rapporto privilegiato con mia madre, una donna molto cristiana, legata alla pratica religiosa e agli esercizi di pietà. Immagino che tra mia madre e Palma ci sia stato un passaggio di sensibilità; poi naturalmente Palma ha preso una sua via autonoma.
Secondo me l’aspetto eccezionale della vita di Palma non è tanto la vocazione religiosa, comprensibile e non eccezionale rispetto ai tempi, quanto l’esperienza vissuta in fabbrica.
E’ curioso che anch’io, ad un certo punto del mio percorso intellettuale alla fine degli anni ‘50 e per tutti i primi anni ‘60, abbia avuto la stessa attenzione alle esperienze di fabbrica, alla vita operaia. Negli stessi anni in cui Palma lavorava alla Borletti, partecipavo all’esperienza conosciuta come “operaismo”, dei Quaderni rossi, scrivevo il libro Operai e capitale.
Mi ha sempre colpito il fatto che senza rapporti e scambi diretti, si verificava una coincidenza di attenzione a quella parte di mondo, così particolare e così difficile da scoprire e frequentare.
Lessi con molta attenzione i diari di Palma: uno specchio dall’interno della realtà operaia. Ritengo che siano più di una testimonianza, perché sono una viva rappresentazione di una realtà di lavoro e di lotte. Palma, dal suo orizzonte di testimonianza cristiana, era molto consapevole che la fabbrica oltre che un luogo di esperienza umana e lavorativa, era anche un luogo di conflitto.
Per questa sua esperienza vorrei che si riscoprisse Palma come una Simone Weil italiana. Anche se Palma, ed è la sua forza, non è un personaggio intellettuale, ma un personaggio dell’esperienza consaputa.
La specificità e l’eccezionalità del personaggio sta nel fatto che nella sua esperienza veniva superata la contrapposizione di quegli anni tra l’orizzonte comunista e quello cristiano. C’è stata sicuramente una sofferenza in quegli anni, che in seguito si è sciolta quando si è trovata una forma di dialogo e di scambio. A questo proposito mi piace ricollegare la figura di Palma ad una frase di Helder Camara, vescovo delle favelas brasiliane: “Quando dò da mangiare ai poveri mi dicono che sono un cristiano, quando mi chiedo perché i poveri non hanno da mangiare mi dicono che sono un comunista. ”
Sto da tempo ragionando su questo paradosso del ‘900 che ha visto contrapposti i due mondi del comunismo e del cristianesimo, all’origine così affini e con istanze simili. Ecco, personaggi come Palma Plini hanno saputo, anche nei tempi bui della contrapposizione, mantenere questo legame stando dalla parte dei lavoratori, della loro vita.
Trovo straordinario che lei abbia raggiunto questo orizzonte per esperienza personale, spinta dal desiderio di contribuire allo sviluppo umano delle persone. Un desiderio di promozione che è stato prima di tutto autopromozione. Infatti la crescita personale di Palma è stata possibile solo partendo dalla consapevolezza della proprie condizioni ed è frutto di una grande volontà.
Un bell’esempio di cristianesimo, attivo e un po’ ribelle.