Articolo pubblicato su Il Piccolo n. 10 ottobre 1977 Vangelo in fabbrica
Il mondo operaio chiede alla Chiesa attenzione ai suoi problemi e una
rivoluzione pastorale che attui un reale rapporto di comunione
con i lavoratori.
di Palma Plini
Noi facciamo fatica a parlarvi ... O noi forse non vi comprendiamo
abbastanza? Sta di fatto che per noi il discorso è abbastanza difficile.
Ci sembra che tra voi e noi non ci sia un linguaggio comune. Voi siete
immersi in un mondo che è estraneo al mondo in cui noi, uomini
di Chiesa, viviamo. Voi pensate e lavorate in una maniera tanto diversa
da quella in cui pensa e spera la Chiesa .
Così Paolo VI si rivolgeva agli operai del Centro siderurgico di
Taranto la notte di Natale del 1968, in un periodo particolarmente caldo
sul piano sociale.
Oggi, a distanza di anni e in una fase di profonda crisi, il rapporto
tra Chiesa e mondo operaio si ripropone nella sua drammaticità.
Mons. Nervo, al recente convegno su Evangelizzazione e promozione
umana, ha riconosciuto il perdurare della profonda incomprensione
tra mondo operaio e Chiesa; la scarsa sensibilità, malgrado lo
stimolo di qualche pastore, per un'azione che unisca la evangelizzazione
alla concreta promozione del diritto al lavoro. Proporre perciò
questa tematica significa volersi riavvicinare al movimento operaio, che
molto spesso noi cristiani tendiamo a sentire profondamente vicino e a
mettere involontariamente da parte. Purtroppo le difficoltà dell'attuale
situazione economica rischiano di ridurre parecchi a vedere nel movimento
operaio più il responsabile di questa crisi che non il soggetto
storico di trasformazione sociale della società (1). In tal
caso, il nostro essere cristiani nel mondo diventerebbe presenza meno
umile e disponibile: sarebbe difendere l'esistente, ma soprattutto rifiutare
di leggere quei piccoli segni di vita che quotidianamente manifestano
magari confusamente- anche gli strati più emarginati della
nostra società.
Ci si separa dal movimento operaio quando si condannano i cristiani
che intendono portare avanti la loro scelta per l'uomo negli strumenti
che la classe operaia si è dati; o quando si pensa al mondo del
lavoro come ad un'area da colonizzare con un'azione di semplice
recupero. (2)
Di fronte a queste affermazioni degli atti del convegno su Evangelizzazione
e promozione umana viene spontaneo chiedersi: la realtà
operaia è sufficientemente conosciuta? O non si fa della retorica
superficiale sui soli miglioramenti economici che la classe operaia ha
raggiunto? Bisogna infatti ricordare che accanto a questi miglioramenti
ci sono condizioni che non cambiano con l'andare del tempo, né
con temporanei miglioramenti del tenore di vita dei lavoratori. Parlo
della subordinazione, dello sfruttamento, della precarietà della
vita e dei rischi con conseguenti riflessi sulla mentalità dell'operaio.
E questa la sostanza sottile e permanente della condizione
operaia, anche se molto spesso si tende a elasticizzare questi termini
per svuotarli di contenuto e di valori. Forse proprio in questa
condizione (di sfruttamento n.d.a.) consiste la forza della classe operaia:
quella di essere una umanità prigioniera, incantenata, che vive
tutte le miserie della soggezione, ma che aspira alla liberazione
(3). Per l'operaio perciò essere uomo è un problema quotidiano.
Ma i rapporti di produzione (il rapporto economico che si instaura in
fabbrica tra il lavoratore e il datore di lavoro) ampliano e riscoprono
nuovi orizzonti di fraternità. La nozione di prossimo
si porta ad altri livelli, acquista nuove dimensioni: non soltanto rapporti
tra persona e persona, bensì relazioni comunitarie, nelle quali
la solidarietà trasforma le radici egoistiche dell'individuo. E
questa la forza liberatoria che si unisce e che si scontra con la forza
che opprime dividendo.
La solidarietà, I'unione, la coscienza, I'organizzazione collettiva
sono la sostanza della forza operaia, che verrebbe meno se mancasse una
di queste componenti sostanziali. La storia della classe operaia è
tutta legata alle lotte per il riconoscimento di questi fondamentali diritti
e valori umani: è legata al concetto di liberazione.
Non c'è nulla di retorico in tutto questo, soprattutto ove si ponga
attenzione che la storia della classe operaia non è soltanto quella
dei lavoratori delle grosse aziende che, in ogni caso, a prezzo di grandi
sacrifici, si sono conquistati una mentalità e una difesa sindacale.
Per capire gli obiettivi e quindi le aspirazioni del movimento operaio,
non bisogna più guardare soltanto alla realtà della
grande fabbrica, a; lavoratori occupati. Oggi il lavoro a domicilio,
la disoccupazione femminile e giovanile, sono una realtà drammatica,
non più fantastica o romanzesca, come si poteva credere
decenni fa. Oggi parlare di licenziamenti e di messa in cassa integrazione
è fatto quotidiano sulla stampa di massa. Eppure nonostante il
perdurare di questa varietà di situazioni non create e non volute
dai lavoratori, c'è la ricerca di nuovi rapporti umani e di una
nuova qualità della vita, di una nuova organizzazione della società.
Ma allora qual è il rapporto tra Chiesa e mondo del lavoro?
Il rapporto tra Chiesa - mondo del lavoro
Le voci del contesto operaio denunciano che gli operai non sentono
la Chiesa dalla loro parte; inoltre, mentre in fabbrica rivendicano e
ottengono partecipazione, nella Chiesa constatano che la partecipazione
è carente. (4) La promozione dell'uomo attraverso Ia socializzazione
non è percepita né registrata dalla coscienza ufficiale
della Chiesa. Bisognerà attendere Papa Giovanni XXIII, con la sua
enciclica Mater et Magistra del 1962 (5)-, anche se nella
Quadragesimo Anno (Pio XI, 1931) stava emergendo il concetto
di giustizia sociale, più ampio della beneficenza motivata
dalla carità. Nella sostanza mentre ci si impietosiva sulla sorte
e sulla miseria del mondo operaio, non se ne coglievano con chiarezza
le cause.
Paolo VI ha rilevato questa tragica cecità: Che lunga storia!
... Non si è intuito a tempo la trasformazione psicologica e sociale
prodotta dal passaggio dall'uso di strumenti poveri e primordiali a quello
di macchine producenti nuove e potenti energie... Non si è previsto
che nuove forme avrebbero risvegliato nel lavoratore la coscienza della
propria alienazione... Non si è previsto che poteva nascere in
lui la sete di liberazione economica e sociale. (6)
Il movimento operaio ha risentito gli effetti di questa trasformazione
nella sua carne, nel suo spirito, nella sua esperienza: la sua ossessione
-come la definisce Padre Chenu - è di recuperare la dignità
del proprio lavoro disumanizzato. E Giovanni XXIII riconosceva in questo
processo un'occasione favorevole per il Vangelo, un segno dei tempi
dove la storia della salvezza incrocia la storia del mondo . Si
tratta allora di cogliere questo segno del tempo analizzando
questa situazione dal di dentro di essa con particolare attenzione alle
sue strutture. Si tratta, ancora, di promuovere l'anelito a una giustizia
obiettiva derivante da questa trasformazione; di passare a una religiosità
che al lavoratore renda giustizia più che carità. Si tratta
dunque di diritti e non più di qualche generosità; ciò
implica la lotta che non significa odio di classe ma sforzo di liberazione
da parte dei cristiani perché l'uomo sia soggetto al
centro della storia.
Dopo il Concilio Vaticano II risulta sempre più evidente che la
Chiesa è nel mondo e non più il mondo nella Chiesa. La Chiesa
non si presenta più come una società perfetta
centro e differenza di ogni valore e di ogni potere, ma come popolo di
Dio, comunità di fede nel corso della storia. Conseguentemente
è tramontata la visione di una società teocratica e della
Chiesa raccolta nella sua autosufficienza, garante di un ordine e trasmettitrice
di una cultura. Il Concilio Vaticano II segna infatti la fine della Chiesa
costantiniana.
In questa nuova situazione, il primo obiettivo è quello della presenza,
non del potere. Sarebbe tragico errore vincolare l'una all'altro, peggio
identificarli. L'identificazione storica della Chiesa con un qualsiasi
organismo di potere (monarchia, stato, partito...) ha sempre nuociuto
alla credibilità della Chiesa stessa. La comunità cristiana
per diventare credibile deve quindi avere il coraggio di vivere una presenza
evangelica, he fa a meno delle garanzie del potere e di creare, per questo,
nuove forme di partecipazione effettiva, vissuta, in cui i lavoratori
si sentano a loro agio. Non si tratta perciò di chiedere alla Chiesa
spazio per poter vivere, ma si tratta di far crescere una vera
rivoluzione pastorale , entro la Chiesa (7).
In tal senso cambia, dall'interno, il concetto di autorità, ma
anche quello di libertà. D'altra parte la fede è vissuta
in un rapporto di comunione non soltanto all'interno della Chiesa, ma
anche con un mondo dove luogo del dialogo non è primariamente il
confronto tra ideologie, ma la esperienza storica, il movimento della
storia. Se è importante ricercare lo specifico cristiano
- ciò che distingue azione del cristiano e azione del non cristiano
- è altrettanto urgente capire ciò che significa per la
fede l'esperienza politica in corso all'interno della classe operaia.
E solo dalla intelligenza e dalla condizione di questa esperienza
che può maturare un serio ed efficace impegno sociale del cristiano,
che non snaturi la carità riducendola a semplice atteggiamento
paternalistico.
Concludendo: il problema è di ricercare quelle nuove articolazioni
della vita della Chiesa che abbiamo chiamato rivoluzione pastorale,
per individuare e portare i cristiani nei luoghi dove i problemi acquistano
la loro piena dimensione, senza arroccamenti dietro vecchie prudenze.
Questa intrepidezza implica certo discernimento: d'altra parte
questa libertà è un dovere del cristiano, una qualità
intrinseca del suo essere e non una concessione riconosciutagli dall'esterno.
Oggi, così considerato, il problema del movimento operaio nel rapporto
con la Chiesa assume il significato di liberazione. (1) Atti del convegno
su Evangelizzazione e promozione umana sintesi dei lavori
della III commissione (Novembre 1976).
(2) Vedi nota 1.
(3) Dalla presentazione di Sandro Antoniazzi al libro di Palma Plini
Lotte di fabbrica e promozione operaia , Dehoniane Bologna pag.5.
(1974)
(4) Vedi nota 1.
(5) Come ha dichiarato il domenicano P.M. Dominique Chenu al convegno
ACLI della Lombardia su Cristiani e la libertà (Giugno
1977). (6) Allocuzione del 1° maggio 1965 Paolo Vl .
(7) Vedi nota 1.
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